martedì 24 febbraio 2009

20 Agosto 2008 giorno 6

L’obiettivo della visita giornaliera è Obaida, sulla baia di Tokyo. La mattinata inizia facendo colazione con latte e caffè (bottiglia comprata allo store Family Mart, mooolto buona….e parliamo di latte e caffè, non me lo aspettavo) dopodiché si va a Shinbashy e da lì con la JR verso la fermata Ariake-Teninsho mori, sulla Yurikamome line. Se andate su questa linea del treno attenzione a memorizzare la scritta giapponese (noi l’abbiamo fotografata) perché ad un certo punto le scritte in “occidentale” spariscono e se non sai com’è scritto in giappo……sono cazzi!!! Comunque aguzzando un attimo l’ingegno riusciamo a prendere il treno…ed è meraviglioso: praticamente vedi tutta la città dall’alto, tutta la zona della baia è veramente spettacolare, non riesci a non fare un sacco di foto, ti sembra tutto da ricordare, da imprimere nella mente. Alla nostra fermata ci appare un’enorme struttura per il tennis: l’Ariake Colosseum, e l’Ariake Tennis no mori, circa 48 campi da tennis, tra cemento e terra “verde”. Alberto è in estasi, non solo ha trovato l’ambientazione di “Prince of tennis” ma ci sono anche dei tornei che si stanno svolgendo con u sacco di ragazzi (e ragazze) che giocano, ed anche i supporter che tifano: avete presente il pubblico “caciarone” di Holly e Benji??? Così! Il parco intorno ai campi è delizioso, anche se ora capisco perché tutti i parchi a Tokyo ti danno la sensazione di essere lontanissimo dalla città: perché le cicale fanno talmente bordello che non senti nient’altro. Cavolo non si fermano mai!!! Cmq dopo il tennis ci dirigiamo verso la statua della libertà, attraverso la Center Promenade, distesa di alberi e cespugli creata ad arte tra i grattacieli modernissimi per consentire tranquille passeggiate nel verde. Diciamo subito che sarà simbolica ma la fiamma della libertà sembra un gigantesco fagiolino dorato!!!
Invece la statua della libertà, anche se più piccola di quella americana, fa la sua figura.
Accanto vediamo da lontano ( e solo da lontano) un parco giochi con karaoke, decisamente per bambini con una caciara pazzesca. Ci dirigiamo verso l’Oedo Onsen Monogatari, ho letto che è una specie di museo dove hanno ricreato l’ambiente del periodo Edo. Moooolto interessante.
Giungiamo al “museo” ed iniziano le sorprese: 1° sorpresa: dobbiamo toglierci le scarpe. C’è un gran numero di cassette nelle quali mettere le scarpe e tirar via la chiave da conservare. Ci togliamo le scarpe. Alla biglietteria dopo aver pagato circa 2600 yen a testa ci indicano un grosso bancone ove c’è un gran numero di kimoni. 2° sorpresa: dobbiamo obbligatoriamente scegliere ed indossare un kimono (che scuorno). Scegliamo due kimono diversi per non sembrare troppo Stanlio ed Ollio, stile giapponese ( cacchio, Alby ha scelto quello che piaceva a me), ed andiamo nella zona per cambiarci. Insieme al biglietto ci hanno dato anche un braccialetto con una chiave ed un numero corrispondente ad un’altra cassetta, dove riporre i vestiti. Ci danno anche un fogliettino su come indossare lo “yukata”. Abbiamo la ridarella come due deficienti per tutta la durata della vestizione.
Indossati gli “yukata” entriamo nell’epoca “Edo”. 3° sorpresa: sono tutti negozi di di roba da mangiare e souvenir creati come se fossero in un quartiere di Tokyo nell’epoca “Edo”. Delusione!!! Orrore!!! Ma dopo l’occhiata iniziale e superficiale la cosa inizia a farsi interessante: si, è una zona improntata a farti spendere altri soldi, ma per contro in un certo senso sembra veramente che ti riporti un po’ indietro; tutta gente con lo yukata, intere famiglie che girano per le stradine o si trattengono nelle sale con i tavoli bassi ed i cuscini per mangiare, per chiacchierare o anche solo per dormire. A tutto questo partecipiamo anche noi ed è veramente bello e…… “rilassante”.
Ma le sorprese non sono finite: ci indirizziamo verso l’esterno e scopriamo una specie di itinerario da fare nell’acqua (con i piedi nell’acqua), in una specie di giardino giapponese: siamo a bocca aperta. Alby si cimenta lamentandosi tutto il tempo ma divertendosi un mondo, dissertando di digitopressione podalica, dei benefici che quelle stramaledette pietruzze (pietruzze si fa per dire) sotto i piedi, una diversa dall’altra, hanno sui piedi stessi. Ce la godiamo un mondo, andiamo via a malincuore, ma praticamente si è fatta notte.
Sulla via del ritorno facciamo sosta a Shinbashi e ci facciamo un giretto a piedi, con Alberto che sfrutta le cassette a pagamento che ci sono in quasi tutte le stazioni (300 yen all’ora) per posare lo zaino. Shinbashi non presenta particolarità rispetto ad altri quartieri di Tokyo (un sacco di posti dove mangiare) a parte la presenza del teatro di Wicked, ma ci becca la pioggia ed interrompiamo la visita per tornare ad Asakusa. Stavolta per cena ci fiondiamo in un Seven Eleven ed in un Family Mart e facciamo incetta di roba da mangiare in camera: coca cola, sushi, sashimi, tramezzini con carne, wurstel cotti. Nel comprare il sushi mi domando: come cavolo me lo mangerò? E se voglio una cosa che va riscaldata, tipo gli spaghetti di soia, mi frego e me li mangio freddi? Noooooooooo!
Perché sottovalutare l’organizzazione e la gentilezza giapponesi: per il sushi ovviamente mi regalano le bacchette, ed il bento freddo me lo riscaldano nel microonde, tra duemila “arigato” e tremila inchini e sorrisi. Troppo bello!!!